lunedì 23 marzo 2009

Storia

65 anni fa

L'ATTENTATO DI VIA RASELLA

All'indomani della caduta del regime fascista (25 luglio 1943), il governo Badoglio dichiarava Roma "città aperta". Ma dopo la fuga dello stesso Badoglio e del re Vittorio Emanuele III l'8 Settembre 1943,  la città si trova ad essere direttamente zona di combattimento tra militanti fascisti, polizia e divisioni tedesche guidate dal tenente colonnello Kappler da una parte, Gruppi di Azione Patriottica e disertori dell'esercito italiano dall'altra. Il tutto sotto i bombardamenti aerei alleati che avevano lo scopo di indebolire le difese tedesche. La data scelta dai Gap per le attività del Marzo 1944 fu significativamente quella del 23, venticinquesimo anniversario della fondazione dei Fasci Italiani di Combattimento. Obiettivo: una compagnia tedesca di SS polizei che da qualche giorno percorreva alla stessa ora lo stesso tragitto che attraverso via Rasella  dirigeva al Viminale. Alle 15,52 i Gap fecero esplodere l'ordigno nascosto in un carretto da spazzino. L'attentato provocò la morte di 33 militari e la reazione spietata dei tedeschi che diedero inizio al rastrellamento degli abitanti di via Rasella ai quali furono aggregati carcerati ed ebrei italiani per un totale di 330 persone più cinque "testimoni", nell'intento di raggiungere il fatidico rapporto 10 a 1 ordinato da Hitler. Le esecuzioni ebbero luogo il giorno dopo alle cave di pozzolana sull'Ardeatina. Dei 335, cinquanta furono individuati e consegnati ai nazisti dal questore fascista Pietro Caruso dietro minaccia, da parte tedesca, di procedere con un rastrellamento arbitrario del quartiere di Piazza Barberini. Lo stesso Caruso che il 5 Giugno 1944, in fuga da Roma, rimase ferito in un incidente stradale sulla Cassia all'altezza di Vetralla insieme al suo braccio destro Roberto Occhetto ed a Pietro Koch, capo della "squadra fascista Koch". Ricoverati all'ospedale grande di Viterbo, per sfuggire ai Gap vennero immediatamente trasferiti a Bagnoregio ma furono ivi raggiunti e catturati dai partigiani. Caruso verrà processato e condannato a morte. L'esecuzione avverrà secondo il rito fascista (ossia seduto di spalle su una sedia) il 24 settembre dello stesso anno al forte Bravetta a Roma. 16 poliziotti, 8 in ginocchio davanti e 8 in piedi dietro, spareranno al suo grido -viva l'Italia, mirare bene!

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Per vedere il documentario RAI clicca su Morte a Roma.

Sotto il racconto di Amedeo Tedesco il quale perse alle fosse Ardeatine il papà Cesare. Ben 8 furono le vittime della famiglia tra le fosse romane ed Auschwitz. In fondo un monologo di riflessione tratto da uno spettacolo al Teatro di Roma trasmesso in diretta su RAI RADIO TRE il 23 marzo 2001.












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